Per quasi un italiano su quattro il lavoro da remoto ha avuto un impatto negativo sulla propria salute mentale. Difficoltà a disconnettersi (27%), solitudine (26%) e confini sfumati tra vita personale e lavorativa (23%) sono i problemi maggiormente denunciati. Lo rivela un’indagine – ‘Cinque anni dopo il COVID-19’ – realizzata da Unobravo, piattaforma di psicologia online, che ha voluto indagare sull’impatto che questa nuova modalità lavorativa ha sul benessere mentale delle persone.
Il lavoro da remoto, infatti, è ormai una realtà e, nonostante qualche arretramento, si è trasformato da necessità a virtù. Ovvero, da unico sistema per proseguire le proprie attività, durante la pandemia, a fattore indispensabile per conciliare vita e lavoro, dopo. Di fatto, nel 2025, il 29% degli italiani lavora da casa.
Una tendenza che ha aperto la strada a nuovi orizzonti, incluso il nomadismo digitale o la possibilità di trasferirsi dove si preferisce, ma anche semplicemente a nuovi stili di vita nella propria città. In ogni caso, la parola d’ordine è ‘flessibilità’.
Chi lavora da remoto in Italia
Attualmente, la maggior parte delle aziende ha adottato approcci ibridi che prevedono giorni in presenza e giorni da casa. Guardandola dal punto di vista dei lavoratori, secondo l’indagine di Unobravo il 21% è ibrido e l’8% lavora interamente da remoto. Com’è intuibile, sono soprattutto i lavoratori autonomi a ‘lavorare da casa’, con il 22% che lavora completamente da remoto e il 31% in ambienti ibridi. Al contrario, solo il 4% dei dipendenti a tempo pieno dichiara di lavorare completamente da remoto.
Quanto ai settori più coinvolti, Marketing, Pubblicità e Relazioni Pubbliche sono i più flessibili, con il 70% degli intervistati ibrido o completamente da remoto. Seguono Tecnologia e IT (61%). Salute e Assistenza Sociale (16%), Legale (18%) e Commercio al Dettaglio e Vendite (19%) sono invece quelli che chiedono maggiormente la presenza fisica.
L’indagine evidenzia anche differenze geografiche, dovute probabilmente al divario digitale e a quanto i settori produttivi locali dipendono dalla presenza fisica dei lavoratori. Le città più ‘avanti’ sono Foggia e Roma, con il 40% della forza lavoro in ciascuna città che segnala modalità di lavoro ibride o da remoto. È interessante notare, tra l’altro, che mentre la capitale è orientata maggiormente verso il modello ibrido (26%), la città pugliese presenta una analoga percentuale di lavoro completamente da remoto, lasciando ipotizzare che quest’ultima modalità sia più attrattiva nelle aree meno densamente popolate.
In fondo alla classifica, invece, Prato e Taranto registrano solo il 13% dei lavoratori in modalità flessibile, seguite da Rimini con il 17%.
I benefici del lavoro da remoto
Quasi la metà (46%) degli intervistati ha indicato come principale vantaggio un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, grazie all’eliminazione degli spostamenti casa-lavoro e ad un maggiore controllo sui propri orari. Ma i lavoratori segnalano anche la riduzione dello stress o dell’ansia quotidiana (33%), più tempo per la cura di sé o l’esercizio fisico (27%) e una maggiore concentrazione o produttività (19%). Un elemento interessante, quest’ultimo, perché indica che il remote working porta vantaggi anche al datore di lavoro e ben oltre al risparmio energetico, dell’affitto degli spazi ecc. Ma non è tutt’oro quello che luce.
L’impatto psicologico del lavoro da remoto
Il 15% degli intervistati non segnala svantaggi significativi nel lavoro da remoto, ma, come anticipato, il 46% evidenzia un impatto negativo. In primis sulla difficoltà a staccare la spina o a disconnettersi dal lavoro. Poi sulla sensazione di isolamento o solitudine (26%), sull’assenza di confini netti tra lavoro e vita personale (23%) e sull’aumento del tempo trascorso davanti allo schermo e l’affaticamento digitale (22%). Da notare anche una ridotta motivazione o senso di realizzazione (11%) e una disconnessione dalla cultura aziendale (10%), che non giovano né al singolo né all’azienda nel suo complesso.
Cosa fare dunque?
Come prevenire gli ‘effetti indesiderati’ del remote working?
Sia i singoli individui che i datori di lavoro possono adottare per creare esperienze di lavoro da remoto più sane. Ecco quali sono, secondo gli esperti di Unobravo.
Cosa possono fare i singoli individui:
- Creare una routine
Stabilire orari di lavoro regolari, fare pause programmate e definire una fine chiara della giornata lavorativa sono essenziali per prevenire un possibile burnout, perché aiutano a creare limiti mentali. - Mantenere la connessione sociale
Mantenere relazioni sociali regolari, attraverso chiacchiere virtuali, momenti di confronto tra team o giornate di co-working condivise può essere un modo efficace per evitare il senso di isolamento. - Fare movimento
Il lavoro da remoto può favorire la sedentarietà, dunque è bene dedicare spazio al movimento. Anche una passeggiata di 20 minuti o un po’ di stretching tra una riunione e l’altra possono fare bene.
Cosa possono fare i datori di lavoro:
- Rendere la connessione intenzionale
Check-in regolari, videochiamate informali e occasionali incontri di persona possono fare la differenza per mantenere in contatto un team che lavora da remoto. In generale, creare uno spazio per la connessione umana aiuta le persone a sentirsi parte di un gruppo. - Parlare di salute mentale apertamente e spesso
Formazione, sessioni educative e semplici conversazioni possono contribuire a normalizzare la salute mentale come parte integrante della vita lavorativa quotidiana. - Formare i responsabili per individuare tempestivamente i problemi
I manager dovrebbero essere attenti anche a come stanno le persone, non solo a cosa stanno facendo. Riconoscere cambiamenti di tono, comunicazione o energia può essere un segnale precoce di bisogno di supporto e sapere come reagire può fare la differenza. - Offrire un supporto reale e accessibile
Che si tratti di terapia online per le aziende, di un programma di assistenza ai dipendenti (EAP) o di strumenti come la mindfulness o i check-in di autovalutazione, i dipendenti devono sapere cosa è disponibile e sentirsi al sicuro nell’approcciarlo. Inoltre, possono essere utili orari flessibili, giornate dedicate alla salute mentale e il permesso di staccare davvero la spina.